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Settimana corta a parità di stipendio: come funziona e quale azienda la applica

La settimana corta a parità di salario è il sogno della maggior parte dei lavoratori dipendenti italiani (e non solo). Lavorare 1 giorno in meno a settimana, generalmente 4 giorni su 7, consente al lavoratore di avere più tempo libero da dedicare a sè e alla propria famiglia. Molti studi rivelano che, in questo modo, si aumenta la produttività sul lavoro.

La pandemia del COVID-19 ha sicuramente accelerato tutti quei processi di lavoro agile (si pensi allo smart working) e riduzione dell’orario lavorativo, per consentire alle persone di avere più tempo libero da dedicare ai propri interessi e alla famiglia. Oltre il 55% degli italiani (ricerca Assirm – Associazione nata nel 1991 che riunisce le aziende italiane che svolgono Ricerche di Mercato, Sondaggi di Opinione e Ricerca Sociale) è disposto a guadagnare meno pur di avere un giorno libero in più alla settimana.

Lato aziende, la settimana corta a parità di produttività, aiuterebbe un importante impatto sui costi. Basti pensare al costo degli affitti, all’energia elettrica risparmiata, alla manutenzione e a tutte quelle voci di costo che diminuirebbero con la chiusura temporanea di stabilimenti, uffici e locali.

In un mercato del lavoro dinamico e flessibile, come quello di oggi, un aspetto che le aziende tengono in grande considerazione è certamente quello di attrarre e trattenere i talenti. La settimana corta può aiutare questa mission.

Le Aziende che adottano la settimana corta in Italia

Come funziona la settimana corta?

Il funzionamento è semplice. L’orario lavorativo settimanale (che alcuni CCNL stanno anche riducendo) viene “spalmato” in 4 giorni lavorativi e non più su 5 giornate. Generalmente viene aumentato di 1 ora l’orario di lavoro giornaliero, ottenendo 1 giorno libero in più alla settimana. Il tutto a parità di stipendio.

 

 

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